Collaborazioni
Il LaBAAF agisce in stretta collaborazione con istituzioni del Trentino - Alto Adige (Soprintendenze per i beni culturali di Trento e Bolzano, Museo Tridentino di Scienze Naturali, EURAC, Fondazione Bruno Kessler, Fondazione MAC), universitarie e di ricerca, nazionali (IIPP) e internazionali (UISP), o finalizzate alla divulgazione scientifica, nell’ambito di progetti cofinanziati dallo stesso Dipartimento, dalla Regione, Provincia Autonoma di Trento, Comuni, Enti privati, Parchi Nazionali, Soprintendenze, MIUR, CNR e Comunità Europea.
Collaborazioni
Responsabile scientifico: Prof.ssa Annaluisa Pedrotti, collaborazione con la Soprintendenza Archeologica del Veneto, Nucleo Operativo di Verona.
Il sito del Neolitico di Gazzo Veronese, in località Scolo Gelmina, è stato individuato nel 1995 grazie a ricerche di superficie e è divenuto oggetto di uno scavo archeologico da parte della Soprintendenza Archeologica del Veneto, Nucleo Operativo di Verona, nell’inverno del 1997.
Lo splateamento di una strisciata di terreno della lunghezza di 70 m e della larghezza di 5 m ha messo in luce 26 strutture e 2 tombe a incinerazione. All’interno delle 26 strutture sono stati rinvenuti manufatti litici, ceramici, in pietra levigata e in concotto, per la maggior parte attribuiti, insieme a 24 strutture, al Neolitico recente, a una fase ”iniziale arcaica” della III fase della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata (VBQ). Le due strutture rimanenti (US 125 e US 139) e la maggior parte dei materiali in esse contenuti risalgono invece a un periodo cronologicamente più tardo, forse collocabile alla fine dell’Età del Rame. Nuovi elementi emersi attraverso l’analisi dei materiali di questo sito consentono inoltre di avanzare alcune ipotesi sui momenti iniziali della III fase della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata.
Non essendo disponibili dati sulla fauna e non essendo stati rinvenuti resti carpologici, non è stato possibile effettuare alcuna considerazione sull’economia del sito. Per questo sito inoltre non sono attualmente disponibili datazioni assolute; a causa dell’assenza di resti antracologici su cui effettuare datazioni al C14, in futuro datazioni radiometriche potranno essere effettuate sui materiali in osso/corno rinvenuti all’interno delle strutture.
Responsabile scientifico: Dott.ssa Caterina Pangrazzi e Prof.ssa Annaluisa Pedrotti, collaborazione con la Soprintendenza Archeologica del Veneto, Nucleo Operativo di Verona.
Il sito di S. Giustina di Baldaria è situato in provincia di Verona, nella pianura orientale veronese. Vari furono gli interventi effettuati dalla Soprintendenza Archeologica del Veneto, Nucleo Operativo di Verona, in seguito alla prima segnalazione dell’Ispettore Onorato Giuseppe Dal Cero, risalente al 1985. Il primo di questi interventi venne effettuato nello stesso anno e consistette nello scavo di alcuni sondaggi nel Fondo Gambaretto. Nell’autunno del 1989 ci fu un secondo intervento su un’area adiacente a quella indagata in precedenza. Le ricerche in questo sito ripresero solo anni dopo, nel 1995, quando venne fatto un breve scavo nel Fondo Castagnaro. Nel 1998 e nell’ottobre del 1999, il signor Beppino Dal Cero effettuò raccolte di superficie nel Fondo Ex Castegnaro ora Benutti-Gambaretto.
Lo studio dei materiali litici ha portato a inquadrare cronologicamente e culturalmente il sito all’età del Neolito antico. Il 70% dell’industria litica del sito è stato prodotto utilizzando selce proveniente dalla Formazione del Biancone, che rappresenta la qualità migliore tra le varianti lessiniche. La presenza di ben 19 bulini ad incavo e stacco laterale (bulino di Ripabianca), la forte incidenza dei grattatoi frontali a ritocco erto, la presenza di microbulini e l’attestazione di nove romboidi, portano a inquadrare quest’industria nel pieno Neolitico antico padano.
L’analisi litotecnica e tipometrica evidenzia una produzione di manufatti laminari non ritoccati tendente, seppur gradualmente, verso il microlitismo, anche se numericamente prevalgono gli elementi di piccole dimensioni. Data la predominanza di lame strette possiamo considerare quest’industria più che laminare, lamellare. Un’altra caratteristica riscontrabile nella produzione laminare è la forte irregolarità raggiunta nelle dimensioni delle lame (lunghezza, larghezza e spessore), al fine di una standardizzazione dei pezzi, ottenibile solo con la tecnica di scheggiatura a pressione. Tutti questi dati sottolineano la piena conformazione di S. Giustina ai canoni tipici delle industrie del primo Neolitico, dove è netta la predominanza delle lame strette, delle lame su schegge e schegge laminari.
Responsabile scientifico: Prof. Diego E. Angelucci, collaborazione con il MUSE (Museo delle Scienze) di Trento.
Diego E. Angelucci, dopo la conclusione degli scavi diretti da Giampaolo Dalmeri in questo sito fondamentale per il Paleolitico superiore delle Prealpi, sta procedendo, insieme a Michele Bassetti e Daniela Anesin, alla revisione dei dati e allo studio di nuovi campioni micromorfologici, al fine di integrare lo studio geoarcheologico e fornire un quadro più completo sui processi di formazione del sito.
Collaboratore: Prof. Diego E. Angelucci.
Diego E. Angelucci collabora con un gruppo di ricerca siculo-catalano diretto da Cinzia Forgia che sta scavando questo sito peculiare, caratterizzato da rapide frequentazioni che vanno dal Neolitico all’epoca medievale, intercalate a depositi di alta energia dovuti alla riattivazione dell’omonimo canyon fluviocarsico. Le implicazioni, oltre che archeologiche, riguardano anche aspetti relativi all’evoluzione del territorio e dell’ambiente.
Collaboratore: Prof. Diego E. Angelucci.
Ad Atapuerca, sito ben noto per i ritrovamenti paleolitici, c’è anche l’Olocene. Al Mirador è stata messa in luce, sotto la direzione di campo di Josep Maria Vergès, una spessa sequenza neolitica e dell’età del bronzo, con un’eccezionale conservazione di depositi di tipo fumier e sepolture collettive.
Attualmente si sta completando l’analisi del profondo sondaggio effettuato dal 1999 al 2008 e si stanno iniziando ad esplorare nuove aree del riparo.
Collaboratore: Prof. Diego E. Angelucci.
Diretto da João Zilhão e Josefina Zapata, il progetto si propone di svelare il destino degli ultimi neandertal nell’angolo SE della Penisola Iberica e di comprendere la transizione Paleolitico medio-superiore. Oltre allo scavo di nuovi siti (Cueva Antón nella valle del Mula; Abrigo de la Finca de Doña Martina e Abrigo de la Boja nella Rambla Perea), sono in corso di revisione siti già scavati (Cueva de los Aviones, Cueva de Perneras), di cronologia compresa tra c. 60-20 mila anni fa. I primi risultati sono di grande interesse.
Collaboratore: Prof. Diego E. Angelucci.
Questa grotta è parte dell’eccezionale sistema carsico di Almonda ed è in corso di scavo sotto la direzione di João Zilhão. Contiene una successione continua che copre l’intervallo 70-30 ka e che attesta l’occupazione del sito da parte di gruppi di neandertal cui si alternavano, durante le fasi di abbandono, iene ed altri mammiferi.
Collaboratore: Prof. Diego E. Angelucci, Università di Lisbona.
Grotta aperta lungo una falesia antistante l’Oceano Atlantico, Serra da Arrábida (Setúbal), riempita da un’interessante successione del Paleolitico medio. Scavata negli anni ’80, si sta ora procedendo alla revisione stratigrafica e archeologica della successione, oggetto di campionature sistematiche nel 2010.
Join Hadd Project: la missione archeologica in Oman. KHABBA 1 – un villaggio di pescatori raccoglitori del V millennio*
Il sito di KHB1 si trova a meno di un chilometro dall’omonimo capo (Ra’s al Khabba) nella regione dell’Oman denominata Jalan. E’ situato su un rilievo adiacente alla scogliera, un terrazzo d’erosione marina posto a circa 35 metri sul livello del mare, che separa il mare dalla paleolaguna interna.
Il deposito pluristratificato messo in luce è riferibile a una comunità di pescatori-raccoglitori, che praticava, in modo marginale, anche l’allevamento. Il giacimento stratigrafico, scandito in cinque fasi di frequentazione, è formato da sabbia grossolana completamente sciolta di origine eolica, rimaneggiata per azione antropica. Le strutture insediative messe in luce sono costituite da ripari-capanna a cupola con pianta circolare o semicircolare e focolare centrale.
I manufatti rinvenuti testimoniano una fervida attività di pesca praticata sia con le reti (molti sono i pesi da rete di differenti fogge), sia con la lenza, come testimoniano gli ami in Pinctada Margaritifera. I recipienti erano ricavati da grandi conchiglie o da materiale vegetale, essendo del tutto sconosciuta l’industria fittile. Gli strumenti litici sono spesso ricavati da grandi lame e costituiti da raschiatoi, grattatoi, grandi coltelli a dorso e lame ritoccate. Sono presenti anche i becchi (perforatori). È testimoniata anche la lavorazione di perline e pendagli su pietra e conchiglia. L’industria su osso vede punte, aghi forati e punte di freccia in dente di squalo forato.
L’insediamento aveva carattere semistabile e doveva essere frequentato durante i mesi invernali da comunità nomadi che sfruttavano le risorse marine, particolarmente abbondanti durante quel periodo, e quelle della laguna interna.
(*) testo di Fabio Cavulli. Responsabile della missione Maurizio Tosi.
Bibliografia
Cattani M., Cavulli F. 2004 - La missione archeologica italiana in Oman, in Guaitoli M.T., Marchetti N., Scagliarini D. (eds.), Scoprire. Scavi del Dipartimento di Archeologia. Catalogo della Mostra tenuta a Bologna, S. Giovanni in Monte (18 maggio-18 giugno 2004). Bologna: Ante Quero: 225-232.
Cavulli F. 2004 - Problemi stratigrafici relativi allo scavo di sedimenti sciolti in ambiente arido, Ocnus, 12: 49-62.
Cavulli F. 2004 - L’insediamento di KHB-1: lo scavo, i resti strutturali e i confronti etnografici, Ocnus, 12: 49-62.
Scavo archeologico italiano seguito da Diego E. Angelucci.
Iniziato nel 2010 in collaborazione con Francesco Carrer, altri studiosi e studenti dell’Università di Trento, ALPES vuole aprire nuove prospettive sull’archeologia delle alte quote in Trentino. Si occupa della ricostruzione del paesaggio pastorale di un settore della media Val di Sole, nei territori di Ortisè e Menas (Mezzana), con una prospettiva territoriale, geoarcheologica e etnoarcheologica.
Si inserisce nell’ambito del grande progetto APSAT, finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento.
Responsabile della collaborazione: Prof. Stefano Grimaldi con Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria e Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo.
Poggetti Vecchi è un sito del Paleolitico inferiore finale risalente a circa 170.000 anni fa e attribuito ad una arcaica forma di H. neanderthalensis. Si trova vicino a Grosseto ed è stato fatto oggetto di scavi di emergenza nei primi anni 2000. Il Laboratorio Bagolini collabora attivamente alle ricerche avendo la responsabilità dello studio dei manufatti litici e ossei che sono stati recuperati.
Inoltre, partecipa agli studi sperimentali relativi alla riproduzione di manufatti in legno che costituiscono oggi una delle più antiche testimonianze al mondo di produzione di strumenti non litici attraverso l'utilizzo del fuoco come strumento di lavoro.
Bibliografia
Revedin A., Grimaldi S., Florindi S., Santaniello F., Aranguren B. 2020 - Experimenting the use of fire in the operational chain of prehistoric wooden tools: the digging sticks of Poggetti Vecchi (Italy), Journal of Palaeolithic Archaeology. Doi.org/10.2007/s41982-019-00043-3.
Aranguren B., Grimaldi S., Benvenuti M., Capalbo C., Cavanna F., Cavulli F., Ciani F., Comencini G., Giuliani C., Grandinetti G., Mariotti Lippi M., Masini F., Mazza P., Pallecchi P., Santaniello F., Savorelli A., Revedin A. 2019 - Poggetti Vecchi (Tuscany, Italy): A late Middle Pleistocene case of human elephant interaction. Journal of Human Evolution 133: 32-60.
Aranguren B., Revedin A., Amico N., Cavulli F., Giachi G., Grimaldi S., Macchioni N., Santaniello F. 2018 - Wooden tools and fire technology in the early Neanderthal site of Poggetti Vecchi (Italy), Proceedings of the National Academy of Sciences 115(9): 2054-2059. 10.1073/ pnas.1716068115.